Cambiare significa che nulla sarà più come prima.
Non puoi cambiare qualcosa immaginando che tutto resti com'è.
Non puoi entrare nella categoria di quelli che consideri "ricchi" e continuare a percepire un sussidio per il disagio economico.
Non puoi fare il libero professionista e pretendere di difendere la classe che chiami "il proletariato".
Non puoi diventare una taglia 40 e continuare a indossare i tuoi vestiti 44. E probabilmente non puoi nemmeno conservare la simpatia delle amiche con cui condividi abbuffate e sensi di colpa.
Non puoi trovare una fidanzata fantastica e continuare a lamentarti dicendo che le donne sono tutte odiose.
Non puoi essere libero e indipendente e continuare a fare la vittima che inveisce contro le oppressioni.
Non puoi sconfiggere tutti i nemici e continuare a prestare servizio come guerriero: se è tutto qui quello che sai fare, sarai, tutt'al più, un reduce.
O magari puoi: e però lo sai, che non ha senso.
E allora, che cosa ha senso fare, quando desideri un cambiamento?
Puoi provare a chiederti, per prima cosa, "è questo quello che voglio? E' proprio questo? E lo so, che cosa comporta? E' credibile, plausibile, quello che mi immagino?". "Non voglio essere un lavoratore dipendente, non voglio che un altro mi dica che cosa fare, voglio decidere solo io". Ti stai solo lagnando, oppure sai che cosa stai dicendo, e lo dici sul serio?
Stai dicendo, davvero, che vuoi inventarti un'attività, e un modo per renderla utile ed interessante per altre persone, e che vuoi guadagnare in modo discontinuo, a seconda dei successi, magari in una volta sola quanto prima avresti guadagnato in sei mesi - e poi più niente magari per altri sei mesi?
Che sei disposto a scindere il guadagno dalle unità di tempo, ed ancorarlo al valore effettivo di quello che fai? Che sei disposto a far fronte in prima persona alla mancanza di ispirazione, alla svogliatezza, ai cali di rendimento, tutto senza stipendio fisso o ammortizzatori sociali?
Se è questo che vuoi, o qualcosa del genere, può darsi che una libera professione o un'impresa facciano al caso tuo. Ma se non è così, stai solo parlando di passare da una scusa per lamentarti ad un'altra - e cioè non vuoi quello che dici, vuoi solo lagnarti.
Lagnarsi non è male: puoi farlo. Puoi dire che ti serve uno sfogo, che vuoi dare voce ad un malessere e una rabbia che ti covano dentro, puoi dire che devi buttare fuori tutta una serie di impressioni negative, prima di poter pensare "a cuore libero".
Questo va bene. Ma non chiamare "desideri" quelle che sono invece delle invettive di sfogo. Non chiamarle "ragionamenti" o "idee". Non pretendere che chi ti dà ascolto "capisca", perché quello che chiedi è che qualcuno ti stia vicino, ti consoli, o provi compassione (autentica com-passione, non pietismo) e non c'è niente da "capire".
Non puoi cambiare qualcosa immaginando che tutto resti com'è.
Non puoi entrare nella categoria di quelli che consideri "ricchi" e continuare a percepire un sussidio per il disagio economico.
Non puoi fare il libero professionista e pretendere di difendere la classe che chiami "il proletariato".
Non puoi diventare una taglia 40 e continuare a indossare i tuoi vestiti 44. E probabilmente non puoi nemmeno conservare la simpatia delle amiche con cui condividi abbuffate e sensi di colpa.
Non puoi trovare una fidanzata fantastica e continuare a lamentarti dicendo che le donne sono tutte odiose.
Non puoi essere libero e indipendente e continuare a fare la vittima che inveisce contro le oppressioni.
Non puoi sconfiggere tutti i nemici e continuare a prestare servizio come guerriero: se è tutto qui quello che sai fare, sarai, tutt'al più, un reduce.
O magari puoi: e però lo sai, che non ha senso.
E allora, che cosa ha senso fare, quando desideri un cambiamento?
Puoi provare a chiederti, per prima cosa, "è questo quello che voglio? E' proprio questo? E lo so, che cosa comporta? E' credibile, plausibile, quello che mi immagino?". "Non voglio essere un lavoratore dipendente, non voglio che un altro mi dica che cosa fare, voglio decidere solo io". Ti stai solo lagnando, oppure sai che cosa stai dicendo, e lo dici sul serio?
Stai dicendo, davvero, che vuoi inventarti un'attività, e un modo per renderla utile ed interessante per altre persone, e che vuoi guadagnare in modo discontinuo, a seconda dei successi, magari in una volta sola quanto prima avresti guadagnato in sei mesi - e poi più niente magari per altri sei mesi?
Che sei disposto a scindere il guadagno dalle unità di tempo, ed ancorarlo al valore effettivo di quello che fai? Che sei disposto a far fronte in prima persona alla mancanza di ispirazione, alla svogliatezza, ai cali di rendimento, tutto senza stipendio fisso o ammortizzatori sociali?
Se è questo che vuoi, o qualcosa del genere, può darsi che una libera professione o un'impresa facciano al caso tuo. Ma se non è così, stai solo parlando di passare da una scusa per lamentarti ad un'altra - e cioè non vuoi quello che dici, vuoi solo lagnarti.
Lagnarsi non è male: puoi farlo. Puoi dire che ti serve uno sfogo, che vuoi dare voce ad un malessere e una rabbia che ti covano dentro, puoi dire che devi buttare fuori tutta una serie di impressioni negative, prima di poter pensare "a cuore libero".
Questo va bene. Ma non chiamare "desideri" quelle che sono invece delle invettive di sfogo. Non chiamarle "ragionamenti" o "idee". Non pretendere che chi ti dà ascolto "capisca", perché quello che chiedi è che qualcuno ti stia vicino, ti consoli, o provi compassione (autentica com-passione, non pietismo) e non c'è niente da "capire".
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