lunedì 31 maggio 2010

la settimana di Normanpress – l'editoriale del lunedì

Benvenuto ad una nuova settimana su Normanpress!
E' pubblicato il post annunciato che discute di libertà - i lettori affezionati lo hanno già visionato, ma invito tutti a leggerlo e a ritornarci ogni tanto. Ringrazio Roberto che ha lasciato un commento veramente in linea con il tema! Da Giandomenico invece ho ricevuto la segnalazione di alcuni suoi interventi affini che sono ideali per proseguire il discorso, anche in correlazione con il tema del tempo e del modo di gestirlo.


La ricchezza di contenuti nei blog in rete è straordinaria. Me ne accorgo ogni volta che scopro un sito nuovo. Saper "andare a caccia" di tutti questi contenuti nelle navigazioni, saperli trovare, leggere, mettere in correlazione, è un'arte, da esercitare.

Sul versante filosofia
Il congresso kantiano si è concluso a metà della passata settimana, ci rimangono infiniti spunti di approfondimento e lavoro, prima della prossima edizione. Bella scoperta. Intanto sempre per gli amanti della filosofia, ecco un nuovo sito nei link da visitare: IISF - Istituto Italiano per gli Studi Filosofici. La comunità filosofica lancia un appello a favore di questa grande istituzione. Roberto Mastroianni è tra i tanti che si impegnano a divulgarlo.

La traduzione di questa settimana è già su InvestiSuTeStesso! Dall'articolo originale di ScottHYoung, domanda provocatoria: stai vivendo la tua vita, oppure ti limiti a pianificarla? Da non perdere.


Ti auguro una settimana piena di successi, da Normanpress.

NormanPress: un piccolo, piccolo blog. Ma ci piace guardare in grande. E' per questo che sono entusiasta di festeggiare per la prima settimana il superamento delle 100 visite, con una crescita superiore al 100% per tutto il mese di maggio. Grazie a tutti i lettori!!! 






giovedì 27 maggio 2010

Quattro chiacchiere sulla libertà



Libertà – la libertà è un “bene”? La libertà è “buona”? E' libertà di/libertà da?  –  troppe domanda per metterle tutte insieme. Propongo una citazione:
"credo che il contenuto collegato in generale al desiderio di libertà sia illustrato in modo preciso nelle parole con le quali, una volta, Karl Marx ha espresso il suo sogno di libertà. La condizione della futura società comunista renderà possibile fare oggi questo, domani quello, al mattino andare a caccia, al pomeriggio pescare, a sera dedicarsi all’allevamento del bestiame, dopo la cena discutere di quanto al momento avrò voglia [K. MARX - F. ENGELS, Werke, Berlin 1961-1971, vol. 3, p. 33; citazione da K. LÖW, Warum fasziniert der Kommunismus?, Köln 1980, p. 65].
Proprio in questo senso la mentalità media irriflessa intende con libertà il diritto e la possibilità di fare tutto ciò che si desidera in un determinato momento e di non dover fare quello che non si vuole. Detto altrimenti: libertà significherebbe che la propria volontà sia l’unica norma del nostro fare e che essa possa volere tutto e abbia anche la possibilità di mettere in pratica tutto ciò che è voluto. A questo punto emergono ovviamente degli interrogativi: quanto è libera in realtà la volontà? E quanto è ragionevole? E una volontà irragionevole è una volontà veramente libera? Una libertà irragionevole è davvero libertà? È veramente un bene?
Sai di chi è questo passo? Lo dirò verso la fine – per ora consideriamole solo così: parole che qualcuno ha detto; parole interessanti, perché parlano di qualcosa che in generale ci sta abbastanza a cuore.
Questo passo meriterebbe forse un ampio commento. Ma limitiamoci a qualche parola.
  1. il contenuto di questo desiderio sarebbe inteso come “ il diritto e la possibilità di fare tutto ciò che si desidera in un determinato momento e di non dover fare quello che non si vuole”; 
  2. ci si chiede quindi, tra l'altro, “quanto è libera in realtà la volontà? E quanto è ragionevole?”;
  3. e infine se la libertà sia “ veramente un bene”, oppure no.

Mi piace che si parli di un “desiderio di libertà”. Un desiderio è qualcosa che spesso è troppo banalizzato – e non mi risulta, a tutt'oggi, che sia tra i concetti più cari ai pensatori filosofici. Desiderio è male, desiderio è qualcosa di irrazionale e che la ragione deve allenarsi a tacitare – desiderio è passione, e come tale minacciosa per il pensiero raziocinante etc. Piuttosto che di desiderio, la storia della filosofia sembra infarcita di “volontà”, con l'ovvio problema di capire da che cosa mai scaturisca la “volontà”. Volontà è sempre passione, è come una forza ingovernabile che opprime. Anche in questo passo il desiderio di libertà non è trattato direttamente – è messo da parte, per parlare della “libertà”. Ma vale la pena pensare che libertà sia l'oggetto di un desiderio – desiderio che, sempre, pare animare le vite umane. 

Purtroppo non se ne parla più in seguito – Si passa a parlare del “contenuto” del desiderio di libertà, vale a dire di quale sarebbe il concetto di libertà che noi abbiamo. Questo contenuto, la libertà, sarebbe dunque, secondo il senso comune, per l'autore, il diritto e la possibilità di fare tutto ciò che si desidera in un determinato momento e di non dover fare quello che non si vuole. Secondo l'autore questa sarebbe, in effetti, l'idea di libertà soltanto secondo “la mentalità media irriflessa”. Non mi sembra tanto chiaro che cosa vorrebbe essere questa mentalità media irriflessa: sembrerebbe qualcosa di molto “banale” e “basso”, ma allora verrebbe da chiedersi perché la si dovrebbe prendere in considerazione. Forse questa “mentalità media irriflessa” non è poi così “irriflessa” come si darebbe ad intendere, e, in virtù del suo essere “media”, potrebbe corrispondere a qualcosa come un “senso comune”, un comune sentire. Banale, forse, ma non così “basso”, ed evidentemente neppure irrilevante, ma anzi di una certa qual importanza. Questa idea, insomma, di una libertà come il diritto e la possibilità di fare tutto ciò che si desidera in un determinato momento e di non dover fare quello che non si vuole, sembrerebbe molto diffusa, piuttosto forte, e ben radicata.
Intanto, purtroppo ancora, in questa espressione si svilisce un'altra volta il concetto di “desiderio”: “desiderare” e “volere”, desiderio e volontà, diventano un tutt'uno – senza che peraltro né dell'uno né dell'altro si vada a parlare di che cosa sarebbero. Per quanto delicato possa essere il concetto di “volontà”, non meno di quello di libertà, tuttavia in questo passo si salta da questo a quello, per parlare di che cosa sarebbe la libertà si va ad interrogarsi su qualcosa che sarebbe la “volontà”. Solo perché una mentalità media irriflessa parlerebbe di libertà come se fosse un tutt'uno con una non ben chiara volontà, si salta da quell'argomento a quest'altro. E, poi, chi ha mai detto che la “volontà media irriflessa” debba essere presa sul serio a questo punto, oltre che essere chiamata in causa senza essere interpellata, ma dopo essere stata formulata come supposizione dall'autore.
 
Pazienza, in ogni caso, dal problema della “libertà” si è ormai passati a quello della “volontà”, chiedendosi dunque quanto sarebbe libera la volontà e quanto sarebbe ragionevole. Questo punto è forse il meno piacevole. Non aiuta molto a chiarire il discorso il fatto che si continui a saltare da libertà a volontà, confondendo una questione con l'altra, senza chiarire se si tratterebbe solo di una critica alla mentalità media irriflessa oppure se si tratti di qualcosa di più meditato. In ogni caso, per interrogarsi sulla libertà si è passati ad interrogarsi sulla volontà, che la dovrebbe spiegare in qualche modo: e, però, di quella volontà ci si chiede se sia “libera”. Come si potrebbe rispondere a questa domanda, se è proprio il problema della “libertà” quello che ancora non si è chiarito? Il punto lascia un po' perplessi. Ci si chiede poi se la volontà sarebbe “ragionevole”... Per questa volta, passiamo oltre. 

Quello che, in fondo, è più importante, è la domanda finale: se la libertà sia un bene. La domanda finisce per essere imbarazzante: non si sa che cosa sia la libertà; non si sa, visto che non se ne è parlato, che cosa sarebbe “un bene”. E sembra quasi addirittura un po' “truffaldino” che l'autore ponga il problema se sia un bene una cosa che non si è chiarito come dovrebbe essere pensata, né che cosa sia. Sembrerebbe un po' troppo facile, a questo punto, confondere le carte e far concludere che la libertà non sia un bene affatto – se non che, però, rimarrebbe sempre il dubbio, se quella “libertà” sia la libertà veramente, o sia solo quello che alcuni pensieri un po' troppo sciocchi e banali penserebbero che sia etc. 

Il passo che ho citato in apertura è tratto da un discorso di Joseph Ratzinger (immagine da sito dedicato), pubblicato in studi cattolici 430 1996, ed è consultabile a questo indirizzo , p.1. 

Proviamo a pensare questo. Libertà non è “bene”; libertà non è “male”; è. Libertà è, semplicemente “è”. Una cosa è il bene, una cosa è il male; una cosa è la libertà. 

Non puoi scegliere di essere libero o di non esserlo, esattamente come non puoi scegliere di essere o di non essere quella cosa che generalmente chiamiamo “umano” - anche se non sappiamo affatto definire che cosa sia “umanità”, “umano”.
Come qualunque concetto “ultimo”, concetto di riferimento per la definizione di altri concetti e sistemi concettuali, allo stesso modo i concetti chiave di libertà, umanità, ma pure verità, giustizia etc. - concetti che definiscono il cuore dell'identitario per il soggetto universale che tratteggiamo a nome di “umano”, non trovano a loro volta supporti di riferimento definizionale. 

La libertà, dunque, è un “bene”? No. E neppure un male. Si potrebbe dire con un aforisma dalle alterne fortune che sia “al di là del bene e del male”, eppure questa espressione geniale mi pare sconsigliabile per la comprensione attuale di questo discorso, perché essa è fraintesa (dolosamente o no) da coloro che la tacciano di “relativismo”, mostrando di disattenderne, a volte forse intenzionalmente e fraudolentemente, a volte in buona fede, la portata rivoluzionaria di pensiero. 
Image: federico stevanin / FreeDigitalPhotos.net




La buona notizia, forse, è che questi discorsi sono del tutto inutili ai fini della sussistenza o meno della libertà. La libertà, o come la si preferisca chiamare, è e basta. Che ci piaccia o no, che lo vogliamo o no, che ci crediamo o no. Però credo che proprio a nome della libertà ciascuno di noi possa accordarvi o meno la partecipazione della propria vita. Questo è il gioco della responsabilità nella libertà, il gioco del destino dell'umano. 

Ma quello che può cambiare, invece, è se nello spazio autenticamente libero della mia singola vita io scelga di vivere in accordo con libertà-verità-divinità etc., oppure, cosa che posso fare, senza che minimamente si ponga il problema dell'essere in assoluto di tutto questo, come se non fossero. 


Un approfondimento sul concetto filosofico di "libertà": http://www.youtube.com/watch?v=bjWjGZ0zP78
 Brian Leiter, conferenza su Nietzsche e il concetto di libertà 

martedì 25 maggio 2010

XI Congresso Kantiano Internazionale!

  

 New! E' uscita la recensione alla seconda parte del Congresso, le tre giornate successive: di Osvaldo Ottaviani, sulle pagine filosofiche di "Il Garantista Sexy" (lo trovi anche nella lista blog della barra qui a sinistra)! leggi la seconda parte - Cronache kantiane/2   


  • Cronache kantiane/1 - la recensione di Osvaldo Ottaviani alla I parte del Congresso, giornate 1 e 2 (22-23 maggio)
  • Cronache kantiane/2 - la recensione di Osvaldo Ottaviani alla II parte del Congresso, giornate 3, 4 e 5 (24-25-26 maggio)

martedì 25 maggio
  • nel primo pomeriggio i due simposi paralleli, Kant and the Essential Ends of Human Reason e Kant's Political Cosmopolitanism. 
  • l'intervento di Gianni Vattimo  non si è tenuto per l'assenza del relatore - era previsto in mattinata, con il titolo "Kant filosofo dell'interpretazione?"; 

    Ma in due parole, che dire di Kant? Ascolta per 5 minuti Maurizio Ferraris:


    Appassionati di Filosofia, ha preso il via l'edizione numero XI del Congresso Kantiano. A Pisa, dal 22 al 26 maggio, studiosi di prim'ordine da tutto il mondo si sono dati appuntamento per cinque giornate dal programma intensissimo. Tema della grande manifestazione culturale, il cosmopolitismo - declinato in una varietà di settori di studi, dalla logica, al diritto, all'etica. 
    Pisa - Palazzo dei Congressi - Immagine dal sito dedicato
    Un peccato non esserci? Forse. Ma il bello è che le informazioni aggiornate, le recensioni, il sito con tutti gli abstract degli incontri (regìstrati per un accesso completo alle risorse), la vasta organizzazione (giustificata dall'importanza evidente dell'evento) rendono possibile a tutti i curiosi, appassionati, studiosi rimasti a casa di tenersi aggiornati e di rendersi spettatori partecipi. 

    Anche solo per apprezzare il tono dell'evento, non resta che tuffarsi ad esplorare le risorse disponibili. Che saltiate sul prossimo treno per Pisa, o che restiate sulla sedia, buon viaggio.


    La recensione delle prime giornate...

    ...e delle tre successive!


    Gli abstract delle conferenze da leggere - nella stessa pagina (ti sei già registrato? Fallo ora...)  accanto al link per alcuni abstract trovi anche il testo completo dell'intervento: è sufficiente registrarti come lettore per visualizzarle e per ricevere gli aggiornamenti via posta elettronica. Le lingue sono Italiano, Tedesco, Francese e Inglese. Sono previste traduzioni, e per gli interventi in sede traduzioni simultanee in cuffia. Registrati qui, in poco più di un minuto!


    Sito ufficiale del Congresso 

    Calendario del programma completo


    Rassegna stampa - notizia; notizia;
    Società Italiana di Studi Kantiani
     XI Congresso Kantiano su Facebook - http://www.facebook.com/pages/XI-Congresso-Kantiano-Internazionale-Kant-e-la-filosofia/215473114768

    lunedì 24 maggio 2010

    la settimana di Normanpress – l'editoriale del lunedì

    Benvenuto e buona settimana su Normanpress!

    Per questa settimana ecco una piccola riflessione, su un tema che si mette facilmente al centro dei nostri discorsi: libertà. Mi viene in mente Dante, che scrisse "libertà va cercando, ch'è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta". Ma se ti va qualche anticipazione sul tema, segui l'ultimo link in questa pagina, sotto "libertà-discussioni-libertà e verità". 
    Se ci pensi, anche in questo post, relativo al tempo di cui disponiamo, la questione più importante è proprio quella di come gestiamo la nostra libertà nelle cose che facciamo.
    Pensando e leggendo qua e là su tempo e dintorni, e sulla ricchezza che per noi costituisce, ecco alcune idee: dovremmo perdere più tempo? Si tratta di tempo perso, o di tempo speso? Faccio riferimento anche a un nuovo post di ScottHYoung che pone questioni simili.
    Questo passo non è ancora tradotto, ma sta per uscire la traduzione di un altro interessante post di ScottHYoung, su InvestiSuTeStesso!
     Per gli appassionati di filosofia, è una grande settimana: dal 22 al 26 maggio, a Pisa, si tiene l'XI Congresso Kantiano Internazionale! Su questo sito, una eccezionale recensione delle prime giornate, da un diretto partecipante!

    C'è un altro piccolo aggiornamento  nella sezione Filosofia: documenti e saggi relativi a Elizabeth Anscombe. Per sapere chi è e che cosa ha scritto, cerca tutti i nuovi link nella sezione Filosofia


    Ti auguro come sempre una settimana bellissima, da Normanpress. Ciao!


    venerdì 21 maggio 2010

    Perdere tempo/spendere tempo? E poi?


    [...] The danger of this approach, however, is it forces you to think of every activity you do in terms of impact on your work. Instead of just enjoying spare time, you analyze it obsessively, constantly asking yourself whether its valuable enough to justify the time spent. [...] - http://www.scotthyoung.com/blog/2010/05/14/waste-time/
    [...] Il pericolo di questo approccio, tuttavia, è che ti costringe a pensare ad ogni attività che fai in termini di impatto sul tuo lavoro. Invece di goderti semplicemente il tempo libero, lo analizzi ossessivamente, chiedendoti constantemente se valga abbastanza da giustificare il tempo che ci spendi [...]


    Should I waste more time – dovrei perdere più tempo?
    Ho scritto recentemente un piccolo intervento ponendo una domanda provocatoria: sai perdere tempo?
    Noto quello che chiamerei una parabola del cambiamento: si innesca da una situazione iniziale più o meno stabile avvertita come negativa; muove verso un obiettivo delineato, e man mano lo realizza, raggiungendo un picco di positività; quindi, quando diresti che si stia stabilizzando l'obiettivo, i suoi risultati declinano. Nei casi più banali, semplicemente l'abitudine non attecchisce, e si ritorna indietro al punto di prima: più che di una parabola, si tratta proprio di tornare al punto di partenza.
    Ma in altri casi il progetto riesce benissimo – e questo è già una buona cosa, non metto in dubbio – però non soddisfa come ci si sarebbe aspettati. In pratica, i risultati rimangono quelli raggiunti, ma il grado di apprezzamento cala, al punto da farci tornare in uno stato di insoddisfazione pari a quello iniziale.
    Questo può lasciare molto perplessi.
    Dopo aver notato queste dinamiche in forma attenuata nelle mie modeste esperienze personali, le osservo ritrovandole in alcune testimonianze di qualcuno che in modo più sistematico se ne è posto da tempo il problema.

    Leo Babauta è, come spesso si nota, un passo avanti a tutti. Osserva: mentre tu constati un suo successo, lui è già oltre. Se oggi ammiri il lavoro che ha fatto con Zen Habits, vedi che mentre di settimana in settimana continua a mantenerne gli standard eccellenti raggiunti, la sua attenzione e il suo entusiasmo creativo si sono già mossi verso novità come i bootcamps di A-list blog, in collaborazione con Mary Jaksch. E quando la maggior parte dei suoi ammiratori e lettori avrà apprezzato questo nuovo aspetto, la sua passione creativa li porterà già a vedere un aspetto ulteriore.
    Questa dev'essere, mi dico, l'arte del vivere Zen, e credo che sarebbe tempo perso il mio (e il tuo!) se continuassi ad analizzarlo: va vissuto, punto.

    Scott H Young ha un approccio più “tradizionale” e western style. Ben vengano i nuovi progetti, ma la ricerca è quella di una linea di stabilità, qualcosa che fissi man mano i risultati raggiunti.
    In lui la parabola del cambiamento è più visibile.
    Scott la gestisce con destrezza, e, pare, con un buon mix di analisi e intuito; però ne constata via via la dinamica quasi con sorpresa – segno, forse, che c'è “qualcosa che non gli torna”, tutt'ora, nel processo di miglioramento. Come dargli torto!!
    In fondo questi segni critici sono confortanti, anche perché non si tratta di disillusioni, ma di spunti e incentivi per continuare.
    Leggendo il suo ultimo post, con il passo che citavo, [...] The danger of this approach, however, is it forces you to think of every activity you do in terms of impact on your work. Instead of just enjoying spare time, you analyze it obsessively, constantly asking yourself whether its valuable enough to justify the time spent. [...] [...] Il pericolo di questo approccio, comunque, è che ti costringe a pensare ad ogni attività che fai in termini di impatto sul tuo lavoro. Invece di goderti semplicemente il tempo libero, lo analizzi ossessivamente, chiedendoti constantemente se abbia un valore sufficiente per giustificare il tempo speso[...], mi venivano in mente proprio queste considerazioni.

    Il rischio, insomma, è quello di incorrere nella sensazione che le cose “valgano meno di quello che costano” - questa è una considerazione o meglio una sensazione acutamente pessimista che mi travolge o comunque mi scuote di tanto in tanto: piano piano, scivolo nella sensazione amara e appiccicosa, dura a scrollarmi di dosso, che, in modo totalmente generalizzato, la vita valga meno di quello che costa. Lo confesso, è devastante, e mi prende piuttosto spesso – a volte mi fa sospettare che sia come una sensazione di fondo!

    Io non credo che la vita valga, mai, meno di quello che costa. Credo che sia in effetti inestimabile, e che dunque valga qualunque prezzo. Però penso che sia anche una nostra responsabilità quanto la facciamo rendere, quanto di quell'inestimabile valore potenziale permettiamo che si realizzi. Dunque, in assoluto, la vita vale sempre più di quel che costa – ma, nella realizzazione pratica, spesso siamo noi a vivere una vita che non vale i suoi costi.
    La cattiva notizia, insomma, è che nulla va da sé. E questo tutto sommato siamo abituati a crederlo. La buona notizia, e su questo val la pena lavorare, è che molto dipende da noi, sta a noi “far valere”, “dar valore” alla vita che viviamo.
    Penso alle scritture della tradizione cristiana, all'esortazione molto bella ad essere “il sale della terra”. “E se il sale perde il suo sapore, chi glielo ridarà?”. Il sale non perde il suo sapore. Ma a volte perdiamo il senso del gusto, o ne siamo assuefatti. Allora bisogna ricordarsi dei buoni sapori, del buon valore della vita.

    Anche su un piano più da "piedi per terra", come quello della gestione economica del denaro, il problema rilevato da Scott è secondo me ben applicabile. Ci preoccupiamo che qualcosa costi più di quel che vale – e man mano che, prudentemente e ben facendo, ci abituiamo a regolare la nostra gestione facendo attenzione a pagare il giusto per un valore corrispondente, buon principio per una spesa oculata, succede che possiamo degenerare e arrivare a vedere tutto in termini di spesa monetaria: “quanto mi vale questo?” “vale quel che costa?” - questo approccio molto pratico secondo me va benissimo, per esempio quando si comparano due tipi di spesa: è meglio spendere X per un comune capo di vestiario, o 100X per un capo firmato? Dipende, dal valore che vi si connette. Se è una questione di coprirsi efficientemente, è un conto; se è una questione di immagine, o di status, può darsi che sia meglio spendere di più... Quello da mettere a fuoco è l'aspettativa di valori: stai pagando per qualcosa che vuoi, o stai pagando qualcosa che magari altri vorrebbero, ma che a te non interessano, o interessano meno di altro?

    Dunque, trattandosi di destinazione di una somma di denaro, è utile chiedersi se convenga la cena o la spesa al supermercato, l'affitto o la vacanza, l'auto o il pullman o il guardaroba... Ma che dire quando si tratta di cose non suscettibili di una valutazione comparativa? E' meglio un pomeriggio con la persona amata, o un pomeriggio in palestra? E' meglio una riunione di lavoro, o andare a trovare un familiare? E' meglio correre o andare al cinema etc.
    Qui non prevale la comparazione di costi economici. Così come non prevale la comparazione del risparmio di tempo. Qui si tratta di godersi la vita – mica una sfida da poco. E non c'entra con la produttività fordista o post-fordista.

    Che fare allora? “Godersi la vita”. Qualche anno fa, se ci penso, proprio da qui avevo cominciato!
    Il risultato è che ho investito capacità e tempo per... liberarmi tempo e procurarmi risorse economiche. Finché non l'ho fatto... be', ero sempre ai blocchi di partenza, non facevo niente! Dunque credo che sia stata una buona cosa.

    E poi – e ora?
    Ora” è sempre la nostra questione cruciale. E la viviamo al presente, non c'è dubbio. Cercando di tenere il più possibile la nostra mente nel presente, vicino al nostro cuore, il cui battito è presente sempre, conosce il ritmo, ma del tempo che passa se ne infischia.
    “Ora” scegliamo, compariamo, diamo valore, tratteniamo o lasciamo andare – viviamo, costruiamo, distruggiamo, scriviamo il passato del nostro futuro, le storie che ci scambiamo e raccontiamo vicendevolmente vivendo.
    E la chiave del sapore della vita, del valore di ciò che viviamo, quel valore che vale e supera ogni costo, quella ricchezza (!) ha proprio a che vedere con la sfida quotidiana ed eterna del gusto della vita. Gustare, godere la vita. Insaporita di noi, sale del mondo.
    Be' – mica uno scherzo, sono d'accordo. Che dite, ne vale la pena? Per me sì – così, oggi, domani, ieri e sempre: sì.

    lunedì 17 maggio 2010

    la settimana di Normanpress – l'editoriale del lunedì

    Benvenuto e buona settimana su Normanpress!

    Il tempo è denaro? - questo dice un vecchio adagio... e visto che su queste pagine ci stiamo occupando di "ricchezza", di "economia" etc. - e visto che sia a NormanPress sia a molti dei suoi lettori interessano gli spunti filosofici, come non appassionarsi a questo binomio, tempo-denaro? Nel corso dell'ultima settimana ce lo siamo chiesti: riflettendo sull'idea di economia e di denaro, si è affacciata una domanda su che cosa sia la "ricchezza" del tempo - il tempo è quello che ne fai, è il concetto dell'ultimo  post, "Il tempo? E' ciò che ne facciamo" - aggiungi i tuoi commenti a quelli già intervenuti!

    Hai già fatto un giro nella sezione Filosofia? Oltre ai link consigliati, nuovi arricchimenti nella pagina, con la segnalazione del saggio di Andrea Sangiacomo, La civiltà della solitudine; il link alla pagina dei saggi di Filosofico.net e la segnalazione della ricca rivista Dialegesthai. Cerca tutti i nuovi link nella sezione Filosofia

    E naturalmente, anche questa settimana, non perdere le collaborazioni esterne, con le traduzioni dei "grandi americani" gentilmente ospitate su InvestiSuTeStesso!

    Ti auguro una splendida settimana, da Normanpress!

    sabato 15 maggio 2010


    Il tempo? E' ciò che ne facciamo


     


            si parla di questo argomento anche qui
    (Image Courtesy of CarréImage)
    Il tempo è quello che ne fai. Ci hai pensato?
    Non è necessario ricorrere a classificazioni e distinzioni del tempo (ne hai sentito parlare? Tempo naturale e tempo coscienziale, tempo vissuto, tempo raccontato etc.). 
    Certo può voler dire qualcosa, ma porta solo confusione se ti fa credere che esistano tanti tipi diversi di "tempo", come se fosse qualcosa che si spezzetta in realtà diverse, o come se si potesse distinguere o scegliere di passare da un tempo all'altro, capire se ci si trovi in uno o in un altro.

           Il concetto di tempo - non voglio metterlo in dubbio! - è dei più complessi, e senz'altro della massima astrattezza. Eppure è dei più accessibili al pensiero, perché in qualche modo riguarda qualcosa che è dell'esperienza comune di ciascuno di noi.
    Mentre posso dire di non avere idea di che cosa sia... un amminoacido, pur essendo sicuramente qualcosa con cui pur non sapendone niente ho a che fare più che da vicino, diversamente un'idea qualsiasi più o meno rozza di "tempo" fa parte del mio linguaggio e pensiero quotidiano.

           Il tempo è quello che fai del tempo.
    Stai leggendo. Che cos'è il tempo che dedichi alla lettura?
    Puoi cronometrarlo, certo.
    Quanto impieghi, 3 minuti circa?
    Be', magari io impiegherei tre minuti e mezzo; magari la mia amica 2 e un altro 5.
    Anche io impiego una quantità cronometrica di tempo diversa a seconda che legga in un momento o in altro, con uno o un altro intento.
    Il tempo di lettura di un testo scritto non è una misura prefissata.
    Leggere un articolo scritto non è come prendere una pezza di stoffa tagliata - di un rettangolo di stoffa tagliato in una misura di 1 metro X 0,50 si dirà sempre che sia un metro per cinquanta centimetri, e non potrò farla più grande o più piccola, a meno in questo caso di tagliarla ancora. Allo stesso modo un articolo scritto conserva ad ogni lettura il medesimo numero di caratteri, di parole. Ma non richiede sempre lo stesso tempo di lettura.
    Se guardo un film, il film ha una sua durata prefissata, così come un'audiocassetta, un CD musicale. Però a me che guardo, o a te che ascolti, lo stesso pezzo può sembrare lungo o corto, troppo breve o interminabile, a seconda dei nostri gusti, ma anche della  disposizione del momento. Perché, di che cosa si tratta?

    Quando parliamo di un problema di tempo pensiamo spesso che si tratti di qualcosa che ha in qualche modo a che vedere con il tramontare e il sorgere del sole, e anche o soprattutto con il ticchettio delle lancette dell'orologio, lo "scorrere" dei secondi, dei minuti e delle ore. 

    E certo anche questo è tutt'altro che errato. 
    Eppure, quale problema potrebbe mai esserci, se le cose stessero così? Sapremmo esattamente che il nostro orologio misura delle durate costanti, e sapremmo a che cosa corrispondono quelle durate costanti. E non avremmo assolutamente nessun problema di tempo, quanto meno non più di quanto possa essere il problema, certo avvertito ma culturalmente meno angoscioso e più "pratico" dello spazio.
    Quando si tratta di occuparsi di qualcosa di importante nella vita, e si dice di non riuscirci, si addossa spesso la colpa alla "mancanza di tempo", così come spessissimo alla mancanza di denaro o più raramente alla carenza di proprie specifiche capacità. 
    "Non ho tempo", "non ho abbastanza tempo". 
    Se si dice "non ho abbastanza spazio" di solito si sta dicendo che non si metterà un mobile nel soggiorno, non che non si riesce a risolvere un problema esistenziale. 

    Nella quantità di tempo cronometrico in cui tu leggi questo articolo, può darsi che qualcun altro faccia cuocere la pasta, e qualcun altro rientri a casa dal lavoro; e che qualcun altro non faccia in tempo ad arrivare a casa dal lavoro, e qualcun altro non faccia in tempo a far cuocere la pasta.
    Che tempo è? Il tempo di leggere un articolo, il tempo di far cuocere la pasta, il tempo per rincasare dal lavoro? O nessuno di questi?
    E' ovvio che il punto non è quello di intrattenersi su una disquisizione di ontologia, per quanto possa essere in alcuni casi interessante.
    Il punto è perché ci sta a cuore questa questione che sarebbe il nostro tempo, e in che modo ci vogliamo comportare al riguardo.
    Se il tempo è quello delle 24 ore per ogni giorno dell'anno, per 365/366 giorni l'anno, per gli anni della vita di ciascuno, allora per ogni anno che viviamo abbiamo gli uni rispetto agli altri esattamente la stessa quantità di tempo. Però in quella stessa quantità di tempo facciamo quantità di cose diverse, gli uni dagli altri, e noi stessi da un giorno all'altro, o da un periodo all'altro.  
    Quanto tempo impieghiamo relativamente per ogni attività?
    Perché mai io non avrei tempo di andare in palestra, e la mia collega sì? Perché tu hai tempo da dedicare a un hobby, e tua moglie no?
    Può darsi che io abbia una famiglia, un cane, un canarino e le sue esigenze di cui tenere conto, e la mia collega no. Ma può anche darsi che questo sia quello che penso io, e che la mia collega, anche se io non lo so o non ne ho tenuto conto, abbia un compagno nullafacente, figli, cani, canarino, uno o due genitori anziani e malati che assiste amorevolmente ed efficientemente. 
    La mia collega è la donna bionica? O la mia collega ci tiene veramente ad andare in palestra, mentre io cerco una scusa per non andarci - e la scusa che trovo più comoda è quella del "tempo"?
    Ti ricordo che ho parlato di "liberare tempo" anche qui, in un post che ho avuto il piacere di vedere ospitato su InvestiSuTeStesso; dai un'occhiata!


    mercoledì 12 maggio 2010

    Che cosa associ all'idea di denaro?

    Che cosa associ all'idea di denaro?
    Ho pensato di pormi e di porti questa domanda: se dico denaro, soldi, tu cosa pensi?
    Così, al volo, senza stare a pensarci: che cosa ti viene in mente?
    Chieditelo e fissa la risposta; puoi scriverla in un commento, puoi appuntarla su un pezzo di carta.
    Fallo, poi continua a leggere.

    Io ho provato. Ho notato che a me vengono in mente due cose. 
    1) impegni di pagamento: cose da pagare per forza, spese, conti, scadenze, bollette, costi più o meno fissi, prezzi in aumento...); 
    2) possibilità infinita di destinazione di una somma di denaro.
    Insomma, due cose almeno a prima vista del tutto opposte: obblighi di pagamento; infinite possibilità.
    E questo corrisponde ad atteggiamenti differenti. Da un lato, ogni somma di denaro “libera” che mi passa per le mani o che immagino che possa passarmi per le mani si presenta come un mezzo per acquistare una varietà indefinita di beni o servizi; d'altra parte, però, esistono una quantità più o meno nutrita di impegni di pagamento già assunti, o che sicuramente si assumeranno, che immediatamente “reclamano” quella somma o parte di essa.
    Questo è particolarmente evidente quando si sono contratti determinati debiti, e per esempio si hanno delle rate di un mutuo o di un finanziamento da saldare con precise scadenze. Ma vale anche per spese più o meno “fisse”, come quelle per il vitto, le spese condominiali, quelle per i servizi di gas-luce-telefono, l'abbonamento del cellulare, l'affitto, l'automobile...
    La maggior parte delle attività che facciamo comporta una spesa di denaro; alcune delle attività che facciamo sono destinate al reperimento di denaro.
    Secondo quell'immagine che viene in mente a me, il denaro che ci procuriamo risponde a due esigenze: quella impellente di colmare come dei “vuoti” che periodicamente chiedono di essere riempiti (spese fisse che “assorbono” denaro), da una parte; e, dall'altra, quella di fornirci una somma più o meno consistente di liquidi “liberi” che possiamo destinare alle spese che preferiamo secondo le nostre esigenze, i nostri desideri, quello che la fantasia ci suggerisce. 

    C'è qualcosa che non mi convince in questa rappresentazione – e queste pagine si propongono di esplorare la questione, con tutti gli spunti che si possono trovare e quelli che l'esperienza di ciascuno di noi possa indicare. 

    Hai cominciato a mettere da parte una piccola somma di quello che guadagni? Come sta andando? Non è detto che sia questo l'approccio migliore per te, ma se hai una mentalità organizzativa simile alla mia è molto molto probabile che ti sia straordinariamente di aiuto. E' un approccio che ho adottato con successo personalmente, e ho poi constatato che corrisponde all'approccio suggerito da Leo Babauta, e in particolare per affrontare l'estinzione di una somma troppo elevata di debiti.
    Se hai cominciato a mettere da parte una piccola somma, ti trovi più o meno nella mia situazione. Ti si possono porre almeno due questioni: 1) che cosa faccio con questa somma? 2) devo continuare a “mettere da parte”, oppure spendere/investire?

    La seconda questione è molto pratica – e vorrei sentire come la pensa qualcuno che sia più esperto.
    Conosco persone che hanno destinato delle somme ad investimenti finanziari speculativi, con più o meno successo – ma occorre precisare che si tratta più di somme “avute a disposizione” che di risparmi in senso stretto. Somme messe a disposizione da un familiare con larghi mezzi, in alcuni casi, e anche grosse somme; oppure piccole somme con cui provare quasi per hobby – ma allora anche l'attività tende a rimanere un hobby, il che significa che, da un lato, non fa danni, dall'altro non rappresenta nemmeno una scelta generale di gestione economica.
    Un primo riferimento può essere quello di Roberto Pesce. Come illustra nella sua conferenza, attraverso una seria e ponderata politica di investimenti mirati, con molto studio e applicazione, riesce a ottenere dei rendimenti piuttosto soddisfacenti (intorno al 10% dell'investimento, come media, cioè senza tenere conto di “picchi” sia positivi sia negativi). 

    Ti lascio per oggi con una bella riflessione che ho letto:

    http://zenhabits.net/zen-attachment/
    “Serve your purpose now. You don’t need to have x-amount of money in the bank to live a meaningful life right now. Figure out what matters to you, and fill pockets of time indulging it. Audition for community theater. Volunteer with animals. Whatever you love, do it. Don’t wait—do it now.

    "Segui ora il tuo proposito. Non hai bisogno di una somma-x di denaro in banca per vivere una vita significativa. Immagina che cosa importa per te, e riempi le tasche di tempo da dedicarvi. Audizioni per il teatro di quartiere. Volontariato con gli animali. Qualunque cosa ami fare, falla. Non aspettare - falla adesso" - http://zenhabits.net/zen-attachment/

    Dicci cosa ne pensi! Grazie. Buona continuazione, da NormanPress

    lunedì 10 maggio 2010

    la settimana di NormanPress - l'editoriale del lunedì

    Benvenuti e buona settimana su Normanpress!


    Dopo la teleconferenza di Roberto Pesce, il ciclo economia continuerà su due versanti: un approccio pratico (che cosa fare e come gestire questioni "spicciole" di denaro!); e un altro più speculativo (che cos'è "ricchezza"? Che cos'è "economia"? "economia" è qualcosa che si può ridurre a quel che si dice "una mera questione economica"? Dico subito che credo di no - ma magari le discussioni mi faranno ricredere.

    La sezione Philosophy of Law è aggiornata con alcuni nuovi link interessanti - solo una piccola idea della vastità del campo!

    Continuano le collaborazioni esterne, con le traduzioni di ZenHabits e dintorni. Questo post  su InvestiSuTeStesso sta suscitando un dibattito "caldo": vale la pena dare un'occhiata - e magari dire la tua, ti va? Durante la settimana le prossime uscite.

    La teleconferenza di Roberto Pesce di cui abbiamo parlato di può ora ascoltare su Miglioriamo.it, vai alla pagina teleconferenze e buon ascolto.

    Buona settimana da Normanpress!

    martedì 4 maggio 2010

    Intelligenza finanziaria - Hai seguito anche tu la teleconferenza?

    Roberto Pesce - intelligenza finanziaria
    Seguita per voi da NormanPress la teleconferenza in onda martedì sera.

    L'hai seguita anche tu? Allora hai potuto renderti conto della varietà e densità di contenuti che ha affrontato. 

    Di più. Hai potuto renderti conto di che cosa voglio dire quando mi chiedo se "ricchezza" sia qualcosa di immediatamente monetizzabile, di ancorato al concetto di quantificazione monetaria di valore.
    Un lavoro come questa teleconferenza è una pezza d'appoggio a supporto del no: ricchezza può essere qualcosa che non c'entra niente con una immediata quantificazione monetaria.

    Che tu abbia seguito o no la teleconferenza, sai che non abbiamo pagato per farlo, come lo so io. Così come per quel che mi risulta non sono stati pagati Roberto Pesce, il relatore, né Italo Cillo, moderatore e organizzatore.
    Se l'hai seguita, sai che ha avuto almeno un altro centinaio di ascoltatori. 
    Sai che almeno qualcuno probabilmente sarebbe stato disposto a pagare per seguirla - ma quanto, questo dipende dall'interesse specifico di ciascuno. 
    Io che l'ho fatto per curiosità, magari ci avrei messo 1 euro. Qualcuno che segue specifiche lezioni probabilmente ci avrebbe messo di più.

    Ma non è questo il punto.
    Il punto è che chi ha seguito la teleconferenza ha percepito 
    1. che rappresenta un portato di valore
    2. che questo valore non è immediatamente quantificato nè quantificabile in termini monetari
    Ora, la prima cosa che viene da dire con riguardo ai contenuti è proprio che è stata "ricca". 
    Ricchezza, valore: sono qualcosa a cui diamo un significato specifico, di importante rilievo, e, cosa non secondaria, indipendente da un'immediata quantificazione monetaria. 
    La prima conclusione provvisoria: ammesso e non concesso che valga moneta = ricchezza, non vale necessariamente l'opposto (ricchezza = moneta). Ricchezza ha un significato molto più... ricco! rispetto a "moneta"; ricchezza è un concetto più ampio, di cui la moneta non è il sinonimo, ma uno solo dei possibili aspetti.


    Tra i temi trattati:
    • problema: spendere più di quel che si guadagna (esempio di Micheal Jackson, Neverland);
    • finanziamenti, pagamenti rateali; l'effetto psicologico potenzialmente devastante
    • fabbrica del debito e fabbrica della ricchezza
    • finanze e "uscita dalla crisi"?  ragionare con la propria testa e "calare nella propria realtà personale"
    • "crisi", instabilità, opportunità.
    • Come valutare un consulente finanziario - la trappola ninjia!
    • "prendere il controllo" delle nostre finanze.
    • Passi concreti  per aumentare il nostro grado di consapevolezza. 
    • come posso aumentare le mie entrate? 
    Questa solo una panoramica. Per saperne di più, resta sintonizzato su queste pagine. Per saperne di più su Roberto Pesce, visita i suoi siti:
    a me piace partire da questa pagina perché parla di finanze personali - economia molto pratica, quotidiana e spicciola, la chiamererei "economia a portata di tasca

    www.coachingfinanziario.it
    www.robertopesce.com

    Grazie e a presto, su NormanPress!

    lunedì 3 maggio 2010

    la settimana di Normanpress – l'editoriale del lunedì

    Benvenuti e buona settimana su Normanpress!

    Continua il ciclo di interventi sull'economia – a giorni la prossima uscita - Dopo i primi appassionati commenti, a cui proviamo a dare una risposta, le proposte suscitate sono ancora più varie. Si può davvero vivere bene con meno di 1000 euro al mese? O si deve dubitare anche di riuscirci con 1000-1500?
    La ricchezza è qualcosa che ha a che fare veramente con una quantità misurabile, o è un concetto vicino a quello di felicità, che non si può misurare, ma soltanto sperimentare ed imparare a vivere?
    Ricchezza significa saper trattenere qualcosa, oppure saper dar via, imparare un'autentica generosità?
    La ricchezza è sempre monetizzabile? Qual è il rapporto tra moneta e valore? Solo per dire alcune questioni da cui partire.

    Nelle sue collaborazioni esterne, Paola M.Maritano propone una traduzione di ZenHabits su InvestiSuTeStesso – bella, semplice, “molto zen”.

    In felice parallelo con il tema della ricchezza, martedì è in programma la teleconferenza di Miglioriamo.it su ricchezza, economia, finanze. Dacci un'occhiata e riferisci le tue impressioni e riflessioni qui su Normanpress, saranno graditissime. 

    Buona settimana da Normanpress!