giovedì 10 maggio 2012

Le cose che durano

Capita anche a voi di pensarci? Le cose che durano, di solito, non durano per sempre. Durano un po', a lungo o per breve tempo; poi, finiscono. 
Se alcune cose - poche - crediamo che dureranno per sempre, possiamo smettere di chiederci quanto "durano": per sempre vuol dire che sono eterne.
"Eternità":  sembra un ben arduo concetto. Forse per definizione sta a significare... qualcosa di troppo grande perché lo comprendiamo. A volte pensiamo all'"Eterno" come a Dio, direttamente. A volte pensiamo all'eternità come a qualcosa che ci è, in quanto esseri umani, totalmente estraneo: noi non siamo eterni, la nostra vita finisce e così finisce tutto ciò che ci appartiene, che abbiamo avuto, fatto, condiviso, vissuto.
A volte diciamo che "solo ciò che è amore resta". Però dobbiamo saper amare, perché è l'unico modo di riconoscere l'amore. E allora è anche vero che non si può, con qualche strana formula o studio, catalogare l'amore, perché poi rimanga in eterno: piuttosto, quando impariamo ad amare ciò che è eterno, o quando scopriamo qualcosa di eterno, diventiamo in qualche modo esseri fatti d'amore e di eternità, almeno in una piccola parte di noi.
Così, proprio al contrario di quel senso di estraneità tra noi e l'eternità, a volte sentiamo che l'eternità è qualcosa che almeno in minima parte è parte di noi - o siamo noi a prenderne parte. In queste cose in cui ci sentiamo a nostro agio con un senso di eternità, un po' come se fossimo a casa, allora riconosciamo ciò che è più "vero" in noi. 
Se cerchiamo e iniziamo a trovare ciò che ha valore “eterno”, che cosa faremo? Forse questa domanda non si rivolge a chi non cerca e a chi, cercando, non sta trovando nulla. Ma chi crede di trovare, quello inizia a rispondere: che fare? Che cosa faremo, che cosa farai; che cosa facciamo, che cosa fai?  

2 commenti:

  1. In realtà, perché qualcosa sia "eterno", non basta che non finisca (e già così sarebbe dura), ma non dovrebbe nemmeno iniziare. In questo caso, siamo decisamente spacciati.
    E allora perché ci sono esperienze (amorose, prima di tutto) cui vogliamo attribuire i gradi dell'eternità? Diventiamo forse matti?
    Ipotesi da non scartare. Però, se l'eternità in senso stretto non è di noi mortali, ne abbiamo un surrogato nel momento in cui non conta né l'inizio di un'esperienza, ne là (più o meno inevitabile) fine, ossia quando ne siamo totalmente immersi - il che per eccellenza capita con l'amore, ma non solo.
    So che apprezzi i paradossi e gli ossimori, quindi forse potremmo concludere che, per noi miseri mortali, solo l'attimo ha i crismi dell'eternità.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao, caro Jacopo. Hai proprio colto il punto: la questione della "fine" non è forse mai capace di trascurare quella dell'"inizio", dell'"origine". Peraltro, oltre ad andare a segno con questa considerazione, il tuo discorso è molto "puntuale", quanto all'essere in tono ed opportuno, perché richiama infine l'"istante", l'"attimo": un punto, senza dimensione, nella strana dimensione del tempo.
      Grazie, spero di ritrovarti ancora tra queste pagine; buona continuazione!

      Elimina